Grande partecipazione e focus sulle nuove generazioni per l’edizione 2025 di #SCFLAB, la formazione estiva di Scuola Centrale Formazione (SCF) che si è svolta ad Ancona presso Domus Stella Maris. L’evento ha riunito per quattro giorni, dal 7 al 10 luglio, oltre 100 partecipanti tra direttori, coordinatori e formatori dei Centri di Formazione Professionale della nostra rete nazionale. Attraverso un programma ricco di sessioni plenarie e workshop interattivi, animati da relatori d’eccezione, i partecipanti hanno approfondito tematiche attuali potenziando le proprie competenze a supporto dei giovani. L’iniziativa si conferma un momento di forte valore strategico e un’occasione fondamentale di coesione e sviluppo per l’intera rete di Scuola Centrale Formazione.
LE PLENARIE:
I lavori sono iniziati con l’intervento in plenaria di Elena Stanchina, Centro Studi Erickson, la quale ha basato il suo intervento sui risultati del report “Lavorare con adolescenti” (2024). Dialogando con il pubblico presente in sala, i dati del rapporto Erickson sono stati comparati con le risposte dei formatori della nostra rete, evidenziando sincronie e differenze nella percezione dei punti critici e dei punti di forza degli adolescenti.
Le problematiche emerse, già conosciute dai contesti educativi (fragilità familiari -conflitti, violenza domestica e scarse competenze genitoriali; problemi psicologici, in particolare disturbi alimentari, ritiro sociale e comportamenti autolesivi; disuguaglianze socio-economiche e abbandono scolastico; ansia scolastica e sociale) trovano sia nella ricerca Erickson sia tra il pubblico di Ancona soluzioni (in parte già attive) che tengono conto anche delle potenzialità dei giovani: spazi di ascolto e dialogo, strategie efficaci per la gestione dei conflitti, orientamento professionale autentico, alleanza attiva con la famiglia, collaborazione tra figure educative, personalizzazione dei curricula.
Per (co)rispondere al profilo dell’adulto affidabile tracciato degli adolescenti, i partecipanti hanno elencato come azioni possibili l’ascolto attivo non giudicante/non stereotipato, la valutazione oggettiva del contesto e l’ammissione dei limiti che il ruolo impone (esserci senza pretendere di risolvere tutto). Costruire dunque la relazione educativa insieme ai giovani, basata sul riconoscimento ed il rispetto delle loro emozioni e dei loro bisogni.
In continuità con queste osservazioni, l’intervento successivo, di Giulia Glugliemini e Chiara Orbisaglia (Fondazione per la Scuola) si è focalizzato sull’importanza strategica delle competenze socio-emotive per il benessere personale e per il successo scolastica degli allievi. Partendo dai risultati dell’indagine OCSE su questo argomento (implementata in 20 paesi, in Italia dalla Fondazione per la Scuola coinvolgendo circa 6.000 allievi), le relatrici hanno evidenziato il ruolo determinante delle abilità socio emotive (le “big five” categorie: collaborazione, relazione con gli altri, apertura mentale, performatività, regolazione emotiva) nei risultati chiave della vita e nella capacità di immaginare il proprio futuro.
Pur posizionandosi in termini di prestazioni scolastiche nella media dei paesi coinvolti, l’Italia ha un tasso tra i più bassi di benessere psicologico tra gli allievi, come evidenziano ormai numerosi altri studi. E siccome le competenze socio-emotive “non sono accessibili allo stesso modo per tutti” (con differenze sifnificative tra maschi e femmine, tra contesti socio-economici), i contesti di apprendimento diventano protagonisti di un apprendimento progettato e guidato di queste competenze.
Da qui il bisogno di progettare modelli didattici/lezioni che ne tengano conto, sviluppando (in Italia in particolare) maggiore capacità di fornire dei feedback positivi, regolari e personalizzati. Insegnare e apprendere quindi le emozioni è possibile, ma serve una visione sistemica, approcci scolastici globali basati su quadri di riferimento (curricolo) di Socio-Emotional Skills già definiti, interventi mirati/su misura per alcuni allievi, alleanza con la famiglia e con la comunità, e monitoraggio e valutazione costanti, dando voce a tutti i protagonisti della relazione educativa.
La formazione socio-emotiva inizia dunque dal corpo docente e dirigente, in una prospettiva di “apprendimento trasformativo ed esperienziale” che definisce da sempre i contesti dei CFP, basati su una visione inclusiva ed innovativa dell’insegnamento. Alla quale si aggiunge, in complementarietà, la valorizzazione del benessere emotivo di tutti i membri del contesto educativo, per rafforzare la loro motivazione e resilienza.
In sintonia con le prime due plenarie, quella conclusiva ha parlato di “visioni del futuro”, attraverso la presentazione dei risultati del progetto “Alla ricerca del futuro”, realizzata da SCF in collaborazione con Stefano Laffi. Rispondere alla domanda “Quale futuro vedono i ragazzi e le ragazze della formazione professionale?” è strategica per la comunità educante per capire gli ostacoli attuali, la qualità della relazione educativa, il ruolo del percorso formativo nella definizione dei loro sogni futuri.
La ricerca ha utilizzato sia lo strumento dei questionari (1.780 risposte raccolte da 30 enti soci), sia i dialoghi di gruppo – “dialoghi al futuro” – Cosa vuol dire “avercela fatta?”, che hanno coinvolto oltre 100 giovani di 6 CFP della rete.
Tra i risultati emersi, da sottolineare l’elevato grado di gradimento degli allievi verso il percorso formativo scelto (90%), la relazione positiva con i docenti (92,3%) e con i compagni (85,4%), ma anche le criticità di alcuni settori che generano insicurezze per il futuro immaginabile.
L’indagine esplora il loro rapporto con il tempo libero, le principali preoccupazioni, le ipotesi di emigrare o no, con una significativa differenza di genere nella percezione del futuro: i maschi sono più ottimisti e vedono il futuro come avventura, le femmine invece sono più preoccupate, ma anche più aperte al sogno. La parola chiave per i maschi è denaro, per le femmine felicità.
I risultati di questo percorso ci restituiscono il ritratto di un universo giovanile carico di energia e fiducia, ma anche segnato da solitudine, individualismo e ansie silenziose. I giovani della formazione professionale appaiono più concreti e positivi rispetto ai coetanei dei licei, ma necessitano di strumenti, di momenti dedicati all’esercizio dell’immaginazione del futuro (e di forme collaborative per costruirlo), di informazioni aggiornate sull’evoluzione dei mestieri, di alleanze e visioni condivise per sostenere sogni “in grande” (affrontando anche il dream gap femminile che spicca dalle analisi dei dati raccolti).